Alba Solaro
Kataweb Maggio 2002
È un monumento vivente della musica afroamericana, cantante dall'inimitabile voce agrodolce. La vedremo dal vivo all'Auditorium di Roma. Donna di poche parole, oggi ha eccezionalmente incontrato i giornalisti
La cosa che Nina Simone desidera fare a Roma, dove è arrivata per lo straordinario concerto che la vedrà protagonista al nuovo Auditorium domenica 5 maggio, manco a dirlo è: "Poter vedere il Papa". Lo dice senza ironia, questa signora di 69 anni che è un monumento vivente della musica afroamericana, una regina del soul dall'inimitabile voce agrodolce che gli italiani hanno imparato a conoscere qualche anno fa con la riscoperta della sua My Baby Just Cares For Me, ma che si porta dietro ben altro.
Cantante, pianista, si è guadagnata l'ammirazione dei grandi del jazz, in 40 anni di carriera ha inciso decine di album, è stata una voce importante della protesta afroamericana. Il suo arrivo a Roma è diventato un piccolo grande evento. I biglietti sono andati esauriti in poche ore. L'ufficio stampa è sommerso di richieste. E l'incontro con i giornalisti fissato per venerdì pomeriggio ci ha colti quasi di sorpresa, perché la signora, anzi, Dr. Nina Simone, come pretende di farsi chiamare con curioso vezzo in onore alla sua laurea, di interviste non ne concede quasi mai. Non ha un carattere facile, dr. Simone. Ma se lo può permettere.
Come ha scelto le canzoni che porterà in concerto?
Qualcuna l'ho presa dal passato, altre sono più recenti.
In scaletta ci sono anche due brani di Miles Davis, che lei ha conosciuto: "Milestones" e "So What". Le fa abitualmente, o si tratta di un omaggio?
No, non è un omaggio.
Cosa rappresenta per lei il blues oggi? La gente lo ama ancora?
Sì, lo amano sempre. Il blues è alle radici della musica della mia gente, pensi a John Lee Hooker, che ha vissuto fino a ottant'anni e ha continuato a suonare il blues fino al giorno in cui è morto...
I suoi sentimenti fortemente anti-americani la portarono a lasciare il paese anni fa. Da allora, le cose sono cambiate?
Può scommetterci che no, in questi quarant'anni niente è cambiato.
Eppure lei si è in qualche modo riconciliata con gli Stati Uniti, di recente vi è persino tornata.
È vero, sono stata a New York per prendere parte ad un concerto di beneficenza a favore di Rainforest, c'erano Sting, Elton John, Patti Labelle e molti altri. E' stata la prima volta in 40 anni che ho passato una serata divertente negli Stati Uniti.
Cosa pensa della campagna in atto in America per risarcire le vittime dello schiavismo?
Quaranta acri di terra e un mulo per tutti gli afro-americani.
Intende dire che la considera tutta una farsa?
Non ho detto questo. Voglio dire che questo è quello che ci è dovuto.
Nel suo repertorio ci sono curiosamente più omaggi ad artisti bianchi (Dylan, Seeger), che ad artisti neri, come mai?
Perché i bianchi sono i padroni dell'America.
Ma gli artisti neri stanno conquistando sempre più spazi e potere nello show business, basti pensare agli attori che hanno vinto l'ultimo Oscar...
Certo, e sono orgogliosa di loro. Halle Berry e Denzel Washington meritavano sicuramente di vincere, ma ce ne sono tanti altri che l'avrebbero meritato e continuano a rimanere nell'ombra.
Cosa pensa dei musicisti rap e hip hop?
Conosco solo Lauryn Hill, degli altri non so nulla.
Alicia Keys?
Non mi piace.
Ha mai ascoltato la versione che Jeff Buckley ha inciso della sua "Lilac Wine"?
Mi dispiace ma non conosco questo nome, ho invece ascoltato la versione che Kate Bush ha fatto della stessa canzone. Cosa ne penso? Orrenda.
Lei ha esercitato e continua ad esercitare una profonda influenza sulle giovani generazioni di musicisti...
È un dovere. È mio compito cercare di aiutare la mia gente finché vivo, con la mia musica, con le mie canzoni, che sono vere, che hanno sempre un senso e nascono dalla realtà, dalla vita, non dalla finzione.
Che idea si è fatta dei giovani musicisti afro-americani?
Una tragedia. Non conoscono le canzoni di protesta, non sanno niente della musica popolare. Li senti suonare ogni genere di musica, soul, blues, pop, ma non sanno nulla della loro storia.
Ci può fare il nome di un musicista con cui ha lavorato che le abbia lasciato un ricordo particolare?
Ve ne faccio due, di nomi: Al Robinson e Oscar Peterson, uno straordinario musicista, dotato di una tecnica strabiliante, più di chiunque altro nel jazz.
Ma il suo primo amore è stata la musica classica...
Bach è il primo musicista che io sia riuscita a comprendere, poi sono venuti Hayden, Chopin...
E oggi, chi le piace ascoltare?
Maria Callas, quando canta Vissi d'arte... E il contralto Marian Anderson, quando canta gli spiritual.
Ha in progetto di fare un nuovo album?
Sì, ci sto lavorando con il duo Ashford & Simpson; abbiamo scritto insieme quattro delle nuove canzoni, loro parteciperanno anche cantando, e Ashford produrrà il disco.
Ha rinunciato alla cittadinanza americana tanto tempo fa, e ora vive in Francia, per la precisione in Provenza. Ha preso la cittadinanza francese? L'avanzata della destra razzista di Le Pen non la preoccupa?
Io sono una cittadina afro-americana che vive in Francia da sette anni, ma non prenderò mai la cittadinanza francese, perché la mia unica cittadinanza è quella afro-americana. Le Pen? Non mi piace.
C'è qualcosa che sogna di fare?
Cantare a bordo di una grande nave. E andare a Honk Kong. I cinesi conoscono la mia musica, hanno pubblicato anche in Cina il mio album Young, Gifted And Black .
Come trascorre il suo tempo?
Ascolto musica classica. E dormo molto. Perché lavorare per quarant'anni non è uno scherzo, e io ormai sono molto stanca.
Domenica 5 maggio Nina Simone sarà in concerto al pianoforte e voce accompagnata da Nina Simone, Luis Robinson, Tyrone Jones, Luis Jardin e Javier Collados. Questa la scaletta dei brani:
Intro: Milestones
Black Is The Color of my True Love's Hair
Every Tme I Feel The Spirit
Do I Move You
See-Line Woman
So What
Why? (The King of Love is Dead)
I Loves You Porgy
Mississippi Goddam
I Want a Little Sugar in my Bowl
Four Women
Ne Me Quitte Pas
My Baby Just Cares For Me