Gino Castaldo
Repubblica, 5 Novembre 1988
La solita suspense: arriva o non arriva? Farà il concerto per intero o no? Ma quando è arrivata sul palco, impettita e matronale come una regina africana, visibilmente commossa quando la platea è esplosa in una ovazione convinta, si è capito che Nina Simone è molto più seria della terribile fama che la precede.
Quasi nessun organizzatore era più disposto ad organizzare un suo concerto, ritenendola del tutto inaffidabile, ma questo non ha fatto altro che far crescere l' alone leggendario che la circonda, come una delle rare artiste di culto rimaste in circolazione che siano all' altezza di questa definizione. Nina Simone forse non si è mai neanche posto il problema della commercialità dei suoi prodotti. Sembra assorta e concentrata nel suo mondo, lontana da banalità terrene, struggente e drammatica come solo alcune grandissime voci nere del passato sono riuscite ad essere.
Strana, venata di follia, rigida e bloccata nei movimenti, inguainata in un buffo ed elegante abito a forma di carciofo, e pettinata all' africana, quando si mette al pianoforte e canta le sue canzoni scivola in quella magia impalpabile e sublime che è delle grandi interpreti. Nina Simone sembra in vena, pur afflitta da un microfono che taglia e riduce la sua voce, contenta di suonare per il pubblico italiano che la conosce così poco. Il suo canto è basso, cavernoso, con un timbro vagamente maschile che ricorda quello delle vecchie ma del blues classico. Ma soprattutto è una cantante che appartiene a quella razza eletta delle interpreti che possono permettersi di rifiutare la tecnica. Il suo canto è espressione diretta, senza mediazioni, sembra sgorgare direttamente dall' anima, senza abbellimenti, virtuosismi, note superflue ed estetizzanti. Ogni nota è essenziale, bruciante, e così ogni parola che canta è realmente interpretata, scavata in profondità, come se ci fosse sempre qualcosa da scoprire. Come è sua abitudine il repertorio del concerto spazia in lungo e in largo in ogni genere possibile, coadiuvata a livelli di minimo sindacale da un gruppetto di accompagnatori che ricorda le orchestrine di intrattenimento da locale di serie B. Ma fanno il loro dovere e presto ci si scorda completamente della loro presenza.
Nina Simone interpreta alcuni dei suoi famosi remake come "Here comes the sun" scritta da George Harrison, che fu uno dei suoi primi successi e che tramite la sua voce si trasforma incredibilmente in una melodia africana. Ci sono alcune sue composizioni, anch' esse famose, in particolare quelle che anni addietro l' hanno qualificata come una cantante di protesta, tenacemente impegnata sul fronte dei diritti civili, come la drammatica "Four women" o la divertente "Mississippi goddam" cucita abilmente insieme alla superclassica "Alabama song" di Weill/Brecht che è stata inserita di diritto anche nel canzoniere pop da quando se ne appropriarono i Doors. E naturalmente c' è "My baby just cares for me", gioiello di molti anni fa rilanciato recentemente in un' America in vena di ricordi, il pezzo che ha creato finalmente una qualche attenzione di massa nei suoi confronti.
Gli umori variano con estrema facilità dal gospel (suo retaggio dell' infanzia), al jazz sottile, al pop, alla ballad struggente. Talvolta, come quando canta "Be my husband", il clima diventa quello di un canto di lavoro, cadenzato solo da percussioni e dal pubblico che batte le mani. Non ci sono problemi di genere, perché qualsiasi materiale di partenza viene trasformato, personalizzato da questa voce straordinaria che non si preoccupa mai di apparire bella, quanto di esprimere. La gente si infervora sempre di più, anche perché la stessa Simone sembra scaldarsi man mano, superare pezzo dopo pezzo una istintiva diffidenza nei confronti del pubblico e concedersi sempre di più. Sorride, invita la gente a battere le mani, mostra una cordialità che nessuno si sarebbe aspettato, forse perché spiazzata dallo straordinario affetto che il pubblico le manifesta.
Il concerto finisce presto, e i cultori sono ancora poco sazi, anche perché chi la conosce, sa quante straordinarie canzoni potrebbe ancora cantare. Ma accade l' incredibile. Un ragazzo si avvicina al palco e le chiede una canzone, Nina Simone lo guarda con infinita dolcezza e si rimette al piano per cantarla. È "Nobody knows you when you' re out and down", e la canta guardando il ragazzo come per dirgli sei contento? La gente non smette di applaudirla. E c' è ancora un bis, una nuova canzone che Nina Simone canta con grande profondità, immersa in una concentrazione contagiosa, da pelle d' oca. Alla fine guarda il pubblico e promette di tornare molto presto. Solo così la gente si placa e se ne torna a casa.