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Prima lezione sul coloreCome i ricercatori studiano il sistema visivo
Immaginate di voler capire come funziona un apparecchio radio o un televisore. Ci sono due possibili approcci:
- considerare il televisore una “scatola nera”, lasciarlo chiuso e agire sui vari meccanismi di controllo esterno (interruttori, manopole) e osservare cosa succede; oppure
- aprire l’apparecchio, cercare di tracciare uno schema dei componenti interni e studiare il comportamento delle resistenze, condensatori, valvole, transistor.
I due metodi, quello che studia i meccanismi di controllo esterni e quello che studia i componenti interni, non sono equivalenti, né facilmente rapportabili, in quanto non c’è una relazione diretta tra meccanismi di controllo esterni e componenti interni.
Il metodo che studia i meccanismi di controllo esterni è concettualmente semplice, ma non consente di scendere nei dettagli, perché un controllo non è necessariamente identificabile con una precisa struttura circuitale, e potrebbe essere espressione delle attività di molti componenti. Se si rompe qualcosa, non avremo la minima idea del componente sul quale agire.
Il metodo che studia i componenti interni è più complesso ma analitico; consente di dire dov’è il componente che fa quella cosa, ma non di spiegare direttamente gli aspetti qualitativi. Sapere tutto su resistenze, condensatori e valvole non basta a spiegare come funziona una radio o un televisore.
Capire come funziona il sistema visivo
Analogamente i fenomeni visivi, che iniziano nel momento in cui i fotorecettori della retina generano i segnali neurali, possono essere indagati in due modi:
- dal punto di vista psicofisico, cioè studiando la relazione tra lo stimolo e la risposta psicologica del sistema visivo; oppure
- dal punto di vista neurofisiologico, cioè seguendo passo dopo passo il percorso del segnale nervoso dai fotorecettori della retina lungo il nervo ottico fino al cervello.
La psicofisica studia il modo in cui lo stimolo visivo viene giudicato dall’osservatore, considerando il sistema visivo una “scatola nera” che viene investigata senza “sollevarne il coperchio” cioè senza entrare nei dettagli del suo funzionamento. In particolare la fotometria è la parte della psicofisica che mette in relazione lo stimolo visivo con la sensazione di brillanza (quella che con un termine non specialistico viene chiamata “luminosità”) , mentre la colorimetria mette in relazione lo stimolo fisico con la sensazione di colore. I dati psicofisici riguardano il processo sensoriale nella sua globalità e consentono di isolare i meccanismi visivi, ma non di identificarli con una struttura neurale.
Per esempio, per misurare la sensibilità dei fotorecettori, i metodi psicofisici consistono nel far vedere all’osservatore (che è sempre un essere umano) una luce e chiedergli cosa vede. Ci sono due tipi di tecniche psicofisiche: dirette, come quelle di Stiles, e indirette, basate sulle funzioni di color matching.
Invece la neurofisiologia indaga il modo in cui i segnali neurali generati dai fotorecettori vengono trasmessi ad altre parti della retina, dove vengono ulteriormente elaborati e codificati nei cosiddetti “canali opponenti”. Vengono utilizzate tecniche di misurazione elettrofisiologica, per esempio tramite elettrodi introdotti nella corteccia cerebrale, per cercare di comprendere il collegamento tra i singoli componenti del cervello (i neuroni) e il loro funzionamento. I dati neurofisiologici riguardano singole cellule o componenti e consentono di localizzare i meccanismi visivi, ma non di descriverli qualitativamente.
I metodi neurofisiologici consistono per esempio nell’estrarre un fotorecettore dalla retina di una scimmia o di un essere umano e nel misurare l’assorbimento spettrale. Anche qui esistono due tecniche: microspettrometria e microelettrodi a suzione. Sono metodi diretti, praticati da circa 30 anni, ma difficili da attuare, non sempre possibili sull’uomo e le cui misure non sempre sono precise.
Insomma, il sistema visivo è molto complesso e non è semplicissimo capirne il funzionamento. Molti passi si sono fatti negli ultimi due secoli, ma molti ancora ne restano da fare.