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Storia del colore magentaIl primo colorante sintetico: il malva di Perkin
Fino al 1856 i coloranti venivano ottenuti esclusivamente da fonti naturali (vegetali, animali e minerali) e gli esperti nell’applicazione dei coloranti erano i tintori tessili.
Coloranti naturali
L’indaco, il più importante tra i coloranti naturali dell’epoca, era estratto da diverse specie di piante del genere Indigofera coltivate in India e in Cina e del genere Isatis coltivate in Turingia. Con questo colorante (in inglese indigo) venivano colorati anche i jeans (blue jeans).
La radice della garanza o robbia (Rubia tinctorum) contiene coloranti che producono un rosso che tende al viola. Nell’Ottocento la coltivazione della garanza prosperava in Alsazia. I pantaloni dei fanti francesi venivano tinti con la garanza dal 1835 fino all’inizio della prima guerra mondiale.
La reseda (Reseda luteola) è una pianta erbacea che produce un colorante giallo usato a partire dal primo millennio a.C.
Indaco, robbia e reseda sono coloranti vegetali. Tra i coloranti animali i più noti sono la cocciniglia (Dactilopius coccus) e la porpora.
La porpora, il colorante più noto nell’antichità, veniva ottenuto da un mollusco Murex brandaris, con un procedimento complesso e costoso. Nell’antichità era un marchio di aristocrazia e prestigio, simbolo di papi e imperatori, ma era stata abbandonata fin dal XII secolo così come lo scarlatto veneziano che non fu più utilizzato dal XV secolo.
Infine alcuni coloranti minerali sono: cinabro, piombo, cobalto, blu di Prussia, giallo cromo.
I coloranti naturali sono ancora oggi usati per l’abbigliamento intimo, abbigliamento per bambino, arredamento. Hanno alcuni vantaggi: ecologicità, rischi ridotti per i lavoratori e per i fruitori, lavorazione quasi artigianale; ma anche degli svantaggi: scarsa riproducibilità, scarsa solidità, non standardizzabili, limitato numero di tinte. Inoltre i coloranti naturali sono costosi dato che il materiale di partenza è scarso. Nell’Ottocento si iniziarono a cercare metodi per produrre coloranti sintetici.
William Perkin
Il londinese William Henry Perkin (1838-1907) aveva 15 anni quando entrò nel Royal College of Chemistry, allora diretto da August Wilhelm von Hofmann (1818-1892), tedesco ma decano riconosciuto della chimica britannica, di cui Perkin diventò presto assistente. Perkin lavorava nel laboratorio del College, ma installò anche un piccolo laboratorio a casa propria.
Durante le vacanze di Pasqua del 1856 (che quell’anno cadeva il 23 marzo) Perkin stava cercando di sintetizzare il chinino (farmaco antimalaria), quando ottenne una sostanza di colore rosso-brunastro, delle quale decise di studiare le proprietà. Risultò che era possibile estrarre dalla sostanza un eccellente colorante per la seta, il cui colore viola chiaro era molto stabile.
Il malva
Perkin, che allora aveva solo 18 anni, aveva scoperto il primo colorante sintetico della storia. Intuisce subito con chiarezza gli sviluppi della sua scoperta, e decide di produrre quel colorante. Trova un mordente per il cotone e per altre applicazioni compresa la colorazione dei francobolli.
Il 26 agosto 1856 Perkin deposita il brevetto per “la produzione di un nuovo colorante per colorare con colore lilla o viola la seta, il cotone, la lana e altri materiali”. Il brevetto gli verrà concesso il 20 febbraio 1857.
Perkin lascia il Royal College of Chemistry e, assieme al padre e al fratello, crea una piccola fabbrica sperimentale per la produzione del colorante a Greenford, a nordovest di Londra, 5 km da Wembley.
La ditta si chiama “Perkin & Sons” ma l’estensione dell’esperimento dalla scala di laboratorio alla scala industriale presenta notevoli difficoltà. Le materie prime non sono facilmente disponibili e si devono risolvere anche numerosi problemi relativi al modo di usare il colorante. Però la produzione ha inizio e il colorante è subito un successo.
Inizialmente Perkin usa il nome commerciale Tyrian purple (porpora di Tiro) e aniline purple (viola anilina), ma all’inizio del 1859 gli osservatori della moda del Regno Unito gli danno un nome nuovo, più duraturo e più alla moda cioè il francese mauve (malva) un termine che assicurava una connessione francese al suo prodotto e quindi un collegamento al mondo della moda.
Quando Perkin pubblicherà la formula chimica e le proprietà del colorante nel 1863, gli darà un nome più consono con la terminologia chimica, mauveine.
La storia della scoperta del primo colorante sintetico si trova nel libro Il malva di Perkin. Storia del colore che ha cambiato il mondo di Simon Garfield.
Etimologia di “malva”
Malva è un nome latino (che rimane uguale in italiano) che indica un genere di piante che comprende circa 30 specie. Deriva probabilmente dal greco malache, che significa soffice, e si riferisce alle proprietà emollienti della pianta. In inglese malva si traduce mallow e in francese mauve.
Il decennio del malva: 1860-1870
La scoperta della mauveine ebbe grande influenza nel mondo della moda, dell’industria chimica e dei brevetti.
Gli anni 60 dell’Ottocento divennero noti come il “decennio del malva” dopo che la regina Victoria indossò un abito di questo colore per il matrimonio di sua figlia, la principessa Victoria, nel 1858. La regina aveva visitato Parigi dove l’imperatrice francese (la donna più influente del momento nel campo della moda) le aveva fatto conoscere il colore scoperto da Perkin.
Il malva divenne il colore del half mourning (mezzo lutto) dopo la morte del principe Alberto nel 1861. Nel 1862 all’inaugurazione della Esposizione universale di Londra, la regina indossava rich mauve velvet, trimmed with three rows of lace.
Mauve was everywhere which led the magazine Punch to comment that it was like an outbreak of Mauve Measles. In Dickens’ weekly paper, All the Year Round, the colour was described as ‘waving on every fair head and fluttering round every cheek’. Da Perkin’s Purple di Ann Burnett.