Nella serie Sensazione e percezione del colore
Riassunto sugli attributi percettivi in modo superficie
Quando vogliamo descrivere un colore in modo superficie (tipicamente in una scena illuminata, ma anche quasi sempre su monitor) diciamo, per esempio, “è rosso”. Cioè indichiamo il colore con un aggettivo, rosso in questo esempio.
Se ci viene chiesto di descrivere il colore con maggior precisione, potremmo specificare che si tratta di un rosso “chiaro”, oppure “scuro” oppure potremmo usare una delle possibili varianti, tipo “molto chiaro”, “un po’ scuro”, e così via. E poi possiamo anche specificare se è un rosso “vivo” o “pallido”, “vivace” o “sbiadito”.
Nel linguaggio tecnico della psicologia della percezione del colore, ognuna di queste caratteristiche ha un nome, e precisamente
- quando si dice “rosso” ci si riferisce ad una caratteristica che si chiama la tinta (inglese hue);
- quando si dice “chiaro”, “scuro” o simili ci si riferisce alla chiarezza (inglese lightness);
- quando si dice “vivo”, “pallido”, “vivace” o simili ci si riferisce alla croma (inglese chroma).
La parola colore tecnicamente viene usata per indicare contemporaneamente tutte e tre queste caratteristiche, in altre parole un colore in modo superficie, per esempio il colore di un oggetto opaco, si specifica dando una tinta, una chiarezza e una croma.
La colorimetria insegna come dare un valore numerico a queste tre caratteristiche, in modo da poter specificare un colore in modo preciso. Nel linguaggio comune invece non usiamo numeri ma nomi e aggettivi, e naturalmente in questo caso la descrizione del colore è più approssimata, più vaga, più incerta. D’altra parte il linguaggio comune di più non può dare.
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