colore digitale blog

Il blog di Mauro Boscarol sulla gestione digitale del colore dal 1998

Nella serie Gestione colore secondo ICC

Device link: due in uno

Un profilo ICC di classe device link concatena i profili di due specifiche periferiche collegandoli tra di loro secondo un intento di rendering (e dunque dipende da queste periferiche e dall’intento di rendering scelto al momento della creazione). Un profilo ICC di classe device link non può essere incorporato in un file.

Un profilo device link ha, rispetto ai profili di periferica, alcuni vantaggi relativi al workflow e alle conversioni. Può essere utilizzato, per esempio, per la conversione di proofing, dalla stampante CMYK finale alla stampante CMYK di prova.

Un profilo di classe device link ha un’unica tabella. Quando il profilo viene creato, nei due profili “genitori” vengono scelti gli intenti di rendering appropriati che vengono uniti in una sola tabella che, nella struttura del profilo, è indicata come AtoB0. Si noti che mentre in un profilo di periferica, il tag con etichetta AtoB0 si riferisce alla tabella dell’intento percettivo da periferica a PCS, nel caso di un profilo device link A si riferisce alla prima periferica e B alla seconda. Il PCS non gioca alcun ruolo.

X-Rite ColorShop, Chromix ColorThink, ColorBlind Matchbox Profiler, ColorBlind Professional, ColorBlind Edit, Tektronix PhaserMatch ICC, Left Dakota Link-o-Lator, Argyll sono alcune utilities in grado di creare profili device link.

Questa classe di profili è supportata da poche applicazioni (per esempio Nexus 7 di ArtPro System) ma da diversi RIP (Xitron, Wasatch, Oris, Onyx, EFI Color Proof) e da quasi tutti i sistemi di workflow di prestampa (per esempio Harlequin, Screen TrueFlow, Rampage). Photoshop fino alla versione CS3 non supporta i profili device link.

ColorSync Utility


Dettagli

Consideriamo per esempio una conversione in quadricromia, che ha come origine un determinato profilo RGB di periferica (per esempio Adobe RGB) e come destinazione un determinato profilo CMYK di periferica (per esempio Euroscale coated). La conversione viene fatta con un determinato intento di rendering scelto dall’utente (generalmente lo stesso nei due profili, per esempio percettivo, anche se è possibile scegliere due intenti diversi, uno per ogni profilo). Il motore di colore effettua la conversione in due passi.

Nel primo passo i valori RGB (per esempio 27R 52G 33B) sono trasformati in coordinate colorimetriche con l’intento di rendering scelto (ottenendo per per esempio 16L -23a 9b). Nel secondo passo questi valori colorimetrici sono trasformati in CMYK con l’intento di rendering scelto (ottenendo per esempio 94C 45M 84Y 63K).

Ebbene, è possibile “memorizzare” questa conversione costruendo una tabella di due colonne, e segnando nella prima colonna i valori RGB di origine e nella seconda colonna i valori CMYK di destinazione di questa particolare conversione di colore. Questa tabella è il profilo device link che collega Adobe RGB e Euroscale coated con intento percettivo.

Così, per creare un profilo device link nei due profili “genitori” vengono scelti gli intenti di rendering appropriati che vengono uniti in una sola tabella.

Insomma, un profilo device link, è la concatenazione di due (o più) profili di periferica (cioè di due profili “tradizionali”) che consente di convertire direttamente da uno spazio colore a un altro, in una sola direzione. Si tratta quindi di un profilo che collega due specifiche periferiche (e quindi dipende da queste periferiche) tra di loro.

È possibile creare un profilo device link a partire da qualunque coppia di profili di periferiche, collegandoli con qualunque intento di rendering. E dunque si possono creare profili device link

  • da RGB a RGB;
  • da CMYK a RGB;
  • da RGB a CMYK;
  • da CMYK a CMYK.

Per quanto riguarda le periferiche si possono creare profili device link che convertono

  • da scanner a spazio di lavoro;
  • da fotocamera a spazio di lavoro;
  • da fotocamera a stampante;
  • da spazio di lavoro a stampante;
  • da spazio di lavoro a macchina da stampa (conversione in quadricromia, detta talvolta, ma impropriamente, separazione);
  • da macchina da stampa a stampante (prova colore);
  • da macchina da stampa a macchina da stampa (repurposing o riseparazione).

Un profilo device link contiene sempre una singola tabella (look-up table) che traduce valori dalla periferica di origine alla periferica di destinazione direttamente, senza passare per uno spazio colorimetrico. La tabella è unidirezionale, cioè può essere usata solo nella direzione indicata durante la creazione.

Un profilo device link, poiché è creato a partire da due profili di periferica, è colorimetricamente accurato (almeno quanto lo sono i profili da cui è stato generato). Al contrario dei profili di periferica, che possono essere incorporati in un file, un profilo device link non descrive uno spazio colore e dunque non può essere incorporato in un file.


Utilizzo

I profili di classe device link hanno alcuni vantaggi relativi al workflow e alle conversioni. Il primo vantaggio dei profili device link è la semplificazione della conversione.

Per esempio consideriamo il caso di una prova colore, la quale prevede una conversione dalla periferica che si vuole simulare (per esempio una macchina offset) alla periferica di simulazione (per esempio una stampante a getto d’inchiostro). Normalmente questa conversione avviene utilizzando i profili di queste periferiche (il profilo della macchina offset è il profilo di origine, il profilo della stampante a getto d’inchiostro è il profilo di destinazione) con un determinato intento di rendering, per esempio colorimetrico assoluto.

In una azienda grafica, i profili di queste due periferiche non cambiano molto spesso, probabilmente una o due volte all’anno. Ed anche l’intento di rendering utilizzato sarà sempre lo stesso. Dunque è possibile memorizzare la conversione di colore in un profilo device link, fondendo le due trasformazioni (nell’esempio da RGB a Lab e da Lab a CMYK) in una unica conversione (da RGB a CMYK) senza passare per lo spazio colorimetrico (Lab).

Così facendo la conversione da macchina da stampa a stampante di simulazione sarà più veloce (perché non si passa per lo spazio colorimetrico) e più sicura (perché non c’è il rischio di scambiare tra di loro i due profili o di usare un intento di rendering non appropriato).

Oltre al vantaggio della semplificazione della conversione, i profili device link hanno un ulteriore vantaggio. Si tratta del fatto che possono essere modificati “localmente”, cioè in alcune righe, per migliorare le conversioni di repurposing (dette anche process conversion) cioè le conversioni da uno spazio CMYK ad un altro spazio CMYK.

Nell’industria della stampa è spesso necessario convertire un file CMYK con determinate caratteriste (profilo, generazione del nero, TAC, dot gain) in un altro file CMYK con caratteristiche diverse (un altro profilo, altra generazione del nero, altra TAC, altro dot gain). Questa operazione è detta repurposing e in italiano potremmo chiamarla “riseparazione”.

Usando due normali profili di periferica CMYK, la conversione di riseparazione passa per lo spazio colorimetrico Lab. Così il nero di una periferica (0C 0M 0Y 100K) viene trasformato in Lab (per esempio 10L 2a 3b) e da qui ancora in CMYK (per esempio 92C 95M 61Y 99K). Ora, se lo scopo è conservare l’aspetto del colore, questa conversione è corretta, in quanto mantiene l’accuratezza colorimetrica. Per esempio se si tratta di una immagine raster, questa conversione di riseparazione fatta tramite Lab funziona bene.

In altre situazioni la riseparazione tramite Lab può causare problemi di stampabilità. Per esempio convertendo da Euroscale coated a ISO coated con i profili standard (rispettivamente di Adobe, versione 2, e di ECI) il CMYK di origine (0, 0, 0, 50) viene trasformato nel CMYK di destinazione (40, 32, 27, 12). Si tratta di un effetto quasi sempre non gradito agli stampatori.

Il testo nero in 0C 0M 0Y 100K, per esempio, è opportuno che rimanga 0C 0M 0Y 100K, per motivi evidenti (cioè per evitare la retinatura del testo). Più in generale si indica con l’espressione mantenere la purezza del nero (preserve black o clean black) l’operazione con la quale percentuali di solo inchiostro nero rimangano, dopo la conversione, ancora percentuali di solo inchiostro nero, eventualmente tenendo conto delle diversità di dot gain. Così 0C 0M 0Y 50K può essere opportuno che rimanga 0C 0M 0Y 50K, o meglio ancora che diventi, per esempio, 0C 0M 0Y 53K se ci sono diversità di dot gain tra il processo di origine e quello di destinazione.

E oltre al nero forse può essere opportuno che mantengano la loro purezza anche i colori primari (cioè le percentuali rispettivamente di C, M e Y, preserve primaries), per esempio quando questo inchiostro è utilizzato per filetti, ombre, fondini. E magari anche i secondari (R, G, B, preserve secondaries). Con i “normali” profili di periferica questo non è possibile.

Quando utilizzato per il repurposing, il profilo device link può essere preparato non solo per mantenere la purezza degli inchiostri, ma anche, per esempio, per agire sulla generazione del nero, e questo per normalizzare gli impianti (cioè i file) ad una determinata situazione (colori, TAV, TVI), oppure per ridurre il consumo di inchiostro e dunque ridurre i costi di stampa.

La quarta e ultima classe di profili ICC non di periferica sono i profili named color, per i colori spot.

 

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Mauro Boscarol

3/9/2008 alle 19:53

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